TAVOLO DI LAVORO ‘POLITICHE URBANE’


Il riuso del Poligrafico di Piazza Verdi a Roma, attualmente in fase di cantiere, è un intervento di grandi dimensioni (oltre 52.000 metri quadri di Superficie Lorda) che avrà un notevole impatto urbanistico sugli equilibri funzionali del quartiere e sul sistema della mobilità del settore urbano, oltre che sull’assetto fisico di un edificio storico.
La vicenda del progetto proposto da Cassa Depositi e Prestiti inizia con il protocollo di Intesa
stipulato nel 2002 tra Comune di Roma e Ministero Economia e Finanze nell’ambito delle procedure
di valorizzazione del patrimonio immobiliare dello Stato, cui è seguito il 5.9.2006 l’Accordo di
Programma, ratificato con D.P.R.L. n.596 del 28.11.2006. Il progetto approvato in Accordo di
Programma era in variante al PRG allora vigente (quello del 1962) modificando la destinazione da
zona M1 – servizi pubblici generali a zona M2 – servizi privati “con ammissibilità della destinazione
d’uso a residenza”, ha ammesso un incremento di 5.527 mq di Superficie Utile Lorda (da
46.832,18 mq a 52.359,25 mq) e l’inserimento di funzioni residenziali (44,63% del totale), turisticoricettive (30,20%) e commerciali (17,30%), con una riduzione delle funzioni direzionali (pari al 7,9%) da 12.032,40 mq a 4.119,50. Occorre precisare che le restanti superfici preesistenti (34.800 mq) avevano destinazione produttiva (industriale-artigianale), il cui standard (dotazione prescritta) per parcheggi è molto inferiore.
Tale ipotesi di riuso è stata oggetto del Permesso di Costruire n. 411/2012, rilasciato nel 2012.
Nel 2020, essendosi ritirati gli investitori interessati al progetto già approvato ed essendosi
manifestato l’interesse della società ENEL all’utilizzo dell’immobile, è stata proposta ed approvata
una “variante essenziale” al progetto in corso d’opera – ritenuta dagli uffici conforme al PRG vigente che destina l’intera superficie lorda (52.359,25 mq) a direzionale (uffici). Si prospetterebbe quindi un trasferimento di circa 4.000 addetti dell’ENEL dalla sede di viale Regina Margherita 125, attualmente in ristrutturazione.
Le polemiche che hanno accompagnato finora il progetto di Cassa Depositi e Prestiti si sono
incentrate principalmente sull’aspetto delle sopraelevazioni che da un lato toccano gli interessi di alcuni privati (i frontisti) in relazione alla modifica delle vedute, dall’altro toccano l’interesse generale alla tutela di un bene storico (vincolato) e interrogano sui criteri di inserimento di nuovi volumi in un edificio storico (eliminazione delle superfetazioni per inserire volumi formalmente distinti ericonoscibili).
Come nelle polemiche sulla sostituzione edilizia per effetto del piano casa (vedi la vicenda del villino
di via Ticino 3), ancora una volta sembra che gli unici interessi pubblici da difendere siano quelli
della tutela dei beni storici e del valore estetico; o meglio, in assenza di criteri condivisi, del gusto
soggettivo. Le considerazioni sulla sostenibilità urbanistica delle trasformazioni, ossia sugli effetti
positivi o negativi che un intervento puntuale può avere sul contesto locale e sull’equilibrio
complessivo del sistema urbano – come, per esempio, la carenza di parcheggi per 4.000 nuovi
addetti – sembrano scomparse dal dibattito pubblico e ridotte, nell’esperienza concreta di questo
procedimento, alla banale verifica di conformità alle Norme Tecniche di Attuazione del PRG.
Rispetto al progetto in corso di attuazione sembra necessario rilevare alcune considerevoli criticità
sia della procedura sin qui seguita, sia dei contenuti stessi del progetto, insieme alle opportunità che potrebbero venire nella ridefinizione del progetto, o almeno delle sue opere complementari.

Le criticità della procedura
La procedura in cui si inserisce l’intervento è quella della valorizzazione economica degli immobili
dello Stato dismessi, attivata con la principale finalità di recuperare risorse per il bilancio dello Stato
attraverso l’alienazione degli edifici. In questa procedura il Comune è coinvolto, ed in parte è
cointeressato economicamente, esclusivamente per il suo ruolo nell’approvazione della variante
urbanistica necessaria alla valorizzazione.
Il primo limite di questa procedura è perciò la totale assenza di una valutazione preliminare
strategica sul possibile riuso dell’edificio pubblico per nuove funzioni pubbliche. Né lo Stato (nelle
sue competenze diverse da quelle di economia e finanze), né il Comune hanno avuto modo di
intervenire sull’opportunità di alienare l’immobile ovvero di mantenerne l’uso pubblico con diverse
funzioni. L’immobile, nelle procedure di valorizzazione immobiliare, viene concepito solo come bene strumentale, cioè per il suo valore economico, mentre i suoi valori urbani non sono percepiti
come un’opportunità, ma solo come un vincolo. In questo approccio economicistico sia la
valutazione urbanistica (di competenza comunale e regionale), sia quella culturale e
paesaggistica (del Ministero della Cultura e della Regione) sono ridotti a pareri successivi alla
decisione di alienare ed alla conseguente redazione di progetti.
Il secondo limite della procedura è nella sua lunghezza, tale da attraversare fasi diverse del ciclo
economico e della domanda di mercato. In un periodo ventennale si sono succeduti diversi investitori e le funzioni ammesse sono cambiate in relazione al soggetto privato di volta in volta interessato.
Questo dato conferma che sarebbe stato più corretto definire prima gli usi compatibili (con il
valore dell’edificio) e sostenibili (per il tessuto circostante), anche ammettendone un ventaglio
flessibile in termini di percentuali, e poi cercare gli operatori interessati.
L’ultima considerazione sulla procedura perseguita riguarda l’anomalia per la quale all’accordo di
programma del 2006 che ha approvato la variante urbanistica per la realizzazione del primo
progetto (con specifiche condizioni relative ai parcheggi1) ed al permesso di costruire del 2012 per
il medesimo progetto è seguita una semplice variante di progetto (variante essenziale) che
determina un radicale stravolgimento dei suoi contenuti funzionali. Non sembra convincente
la giustificazione della conformità delle nuove destinazioni (52.300 mq circa di uffici) con la
destinazione urbanistica emersa dalla variante (M2 del vecchio PRG), perché l’Accordo di
Programma si è pronunciato su un progetto che conteneva un mix funzionale articolato e che
avrebbe avuto un minore impatto sul quartiere. Infine, la variante di progetto è stata approvata
senza avere soddisfatto in concreto le condizioni previste dall’Accordo di Programma in
materia di parcheggi pubblici, utilizzando ampiamente lo strumento della monetizzazione degli
standard.
Su tale strumento è necessaria una riflessione: le aree di standard sono un valore urbano, sono
qualificanti per il contesto e devono perciò essere comunque garantite. Nella gestione urbanistica
può anche essere necessario rimodulare le dotazioni di standard in relazione al contesto (come
prevede il PRG per i parcheggi in contesti ben serviti dal trasporto pubblico), ma la loro monetizzazione, talvolta necessaria quando si interviene in aree molto urbanizzate della città, deve
garantire che le somme versate siano poi effettivamente utilizzate per la realizzazione di standard,
come previsto dalla norma.
Nel caso di interventi pesanti come quello in esame, è invece importante modificare la norma ed
ammettere la monetizzazione solo per una percentuale ridotta della dotazione, imponendo la
realizzazione di parcheggi contestualmente all’intervento.
Considerando che le deroghe alla dotazione dei parcheggi (NTA, art. 7, commi 13 e 15),
eventualmente monetizzati (NTA, art. 7 comma 20), per questa dimensione di intervento, devono
essere subordinate ad una “verifica preliminare di sostenibilità urbanistica”, tale documento non
risulta tra gli atti resi pubblici.

Le criticità del progetto
Per affrontare le questioni relative al merito del progetto, o meglio dei due progetti fin qui approvati, è utile sgombrare il campo dall’idea di un’opposizione preconcetta alla trasformazione: è chiaro che un intervento di riuso del Poligrafico riempie un “buco nero” del tessuto urbano, elimina una possibile fonte di degrado urbano (il classico effetto “vetro rotto”) e, in assenza di progetti per l’uso pubblico o sociale del grande contenitore, può contribuire al bilancio dello Stato con il coinvolgimento di investitori privati.
Proprio per la rilevanza del “buco nero” creatosi con il trasferimento del poligrafico, ossia un edificio di oltre 200.000 mc (Antonio Cederna avrebbe scritto “2 Hotel Hilton”), occorre rilevare che il
percorso di definizione progettuale seguito da Cassa Depositi e Prestiti è stato molto diverso da
quello attuato per esempio nel caso delle caserme di via Guido Reni (la città della Scienza). A via
Guido Reni è stata individuata preliminarmente una quota di volume per funzioni pubbliche – di livello metropolitano e di livello locale – ed è stato indetto un concorso internazionale di progettazione per elaborare un masterplan dell’intero complesso e del suo sistema di spazi pubblici.
Nel caso del riuso del Poligrafico, una corretta definizione dell’intervento avrebbe dovuto però
muoversi su tre binari:
a) La verifica della coerenza delle nuove funzioni da inserire con le caratteristiche storiche
ed architettoniche dell’edificio che, ricordiamo, è composto da un fronte rappresentativomonumentale (precedentemente con funzioni direzionali) e da spazi retrostanti per le lavorazioni tipografiche (destinazione produttiva). Un progetto di riuso, fin nel programma
edilizio, deve valorizzare coerentemente le preesistenze ridando loro senso e funzione.
b) L’approfondimento delle vocazioni del contesto, ossia delle qualità urbane (centralità,
accessibilità, servizi, caratteri ambientali) che possono aggiungere valore alle diverse
funzioni che si propone di inserire. In altre parole, un progetto coerente con le vocazioni del
contesto in cui si inserisce, da un lato acquisisce valore economico dal contesto urbano,
dall’altro completa l’identità della parte di città in cui si cala.
c) La verifica della sostenibilità urbanistica della trasformazione, ossia l’impatto – positivo o
negativo – che questa può avere sul contesto. La sostenibilità del carico urbanistico aggiunto
dalla trasformazione deriva dalla dotazione di infrastrutture e servizi già presenti nel contesto
e/o da quelle che aggiunge con la trasformazione stessa (per esempio nuove infrastrutture
per la mobilità, parcheggi pubblici aggiuntivi, riqualificazione dello spazio pubblico esistente)

Nel caso specifico l’intervento si colloca in un ambito:
1. molto centrale, prestigioso e pertanto interessato da una progressiva terziarizzazione, ma
molto poco servito dal trasporto pubblico: non è coperto da alcuna linea di metropolitana, è
prossimo alla linea tramviaria del 3 e del 19, è collegato con autobus alle stazioni Termini e
Tiburtina (linee 360, 910 e 168); nella situazione attuale la mobilità dei quartieri Parioli e
Pinciano è principalmente affidata ai mezzi di trasporto privati, con l’effetto di una totale
saturazione diurna dei parcheggi pubblici esistenti; la stessa Piazza Verdi, su cui affaccia il
Poligrafico, è un grande parcheggio saturo dalle 8,00 alle 19,00 già ora che il Poligrafico
giace vuoto ed inutilizzato;
2. prossimo al grande polmone verde di villa Borghese, che è anche un grande complesso
monumentale ed ospita uno dei più preziosi musei romani (la Galleria Borghese); questa
collocazione, unita al “prestigio” del quartiere, ha determinato nei decenni passati ed in quelli
più recenti l’insediamento di diversi hotel di lusso (Parco dei Principi, Aldrovandi Palace,
Hilton Garden Inn Rome Claridge) e di numerosissime ambasciate ed istituzioni culturali
straniere;
3. caratterizzato, scendendo alla scala più ravvicinata della maglia urbana, da una grande
piazza2 poco vissuta ed utilizzata, la cui peculiarità principale è nel suo essere esterna ai
flussi veicolari e quindi potenzialmente disponibile ad una limitazione del traffico veicolare3; questa piazza costituisce la proiezione esterna del “monumento” Poligrafico e pertanto non
appare corretto rifunzionalizzare l’edificio pubblico Poligrafico senza contemporaneamente
intervenire sulla piazza.
I due progetti fin qui approvati possono ragionevolmente essere valutati rispetto ai criteri sopra
enunciati.
Il progetto del 2012 è caratterizzato da una pluralità di funzioni: abitazioni di elevata qualità (per circa 935 abitanti teorici, ma stimabili realisticamente in circa 500 abitanti effettivi), una grande struttura commerciale (oltre 3 volte la soglia minima delle grandi strutture di vendita e circa 1,5 volte la Rinascente di Piazza Fiume), una struttura alberghiera di alto livello (stimabile in oltre 300 stanze), una quota contenuta di uffici (stimabile in circa 300 addetti). Queste diverse funzioni:
a) possono, nella loro articolazione funzionale, aderire meglio alle caratteristiche architettoniche
dell’immobile, costituito da un blocco frontale rappresentativo e da spazi retrostanti per le
lavorazioni tipografiche;
b) hanno differenti pesi sul contesto urbano: il peso maggiore è dato dal terziario direzionale e del
commerciale – soprattutto per la domanda di parcheggi – mentre il residenziale ed il turistico
ricettivo impattano molto meno;
c) attirano soggetti diversi: residenti, turisti, addetti e consumatori, producendo animazione dello
spazio pubblico, ossia una sua frequentazione in diverse fasce orarie, un tempo di utilizzazione complessivamente più lungo che garantisce una maggiore sicurezza degli spazi urbani, ed un
uso promiscuo che facilita l’integrazione sociale;
d) hanno alcuni vantaggi rispetto al contesto: la componente residenziale tende a riequilibrare la
terziarizzazione; la componente turistico-ricettiva, anche se scoraggiata dall’attuale momento di
crisi del settore, risulta coerente con le vocazioni del contesto; la componente commerciale,
anche se molto pesante, può essere coerente con le caratteristiche della piazza4; la componente
direzionale, anche se è utile a creare il mix funzionale, nel progetto 2012 ha il pregio di essere
quantitativamente contenuta.

Il successivo progetto di “variante essenziale” è invece monofunzionale con destinazione ad uffici
per circa 52.300 mq, stimati per circa 4.000 addetti, e dovrebbe ospitare un’unica grande azienda
(ENEL). Questa scelta ha alcuni aspetti preoccupanti:
a) la monofunzionalità proposta per l’edificio e l’individuazione di un unico utilizzatore (ENEL),
avvicinano l’intervento di riuso al modello del ministero o del palazzo di una grande azienda;
questa soluzione semplifica la collocazione sul mercato, ma è rigida nella fase successiva
della gestione, poiché è difficilmente adattabile alle evoluzioni dell’organizzazione del lavoro5
e della geografia delle aziende6;
b) proprio per lo stretto rapporto tra l’edificio del Poligrafico e piazza Verdi, questo grande
spazio urbano diventerebbe il “sagrato” di una singola azienda, riducendone radicalmente la
funzione pubblica e l’animazione urbana;
c) la grande quantità di uffici aggrava la tendenza alla terziarizzazione del quartiere, con gli
effetti negativi sulla qualità urbana riscontrabili nei centri direzionali, ed aggiunge un carico
urbanistico difficilmente sostenibile nelle condizioni date di debolezza del trasporto pubblico
e carenza di parcheggi;
d) la localizzazione a piazza Verdi degli uffici ENEL appare in contrasto con l’ambizioso progetto
di riqualificazione della attuale sede ENEL di viale Regina Margherita e con i nuovi uffici
realizzati in via Nizza; appare grave l’assenza di governance del Comune di Roma su queste
localizzazioni produttive così significative.

PROPOSTE
Nell’elaborazione delle proposte vanno fatte alcune considerazioni preliminari.
Il progetto di variante del 2018/2020 è stato elaborato prima della pandemia e della conseguente
diffusione dello smart working, che ha modificato le modalità organizzative del lavoro, per cui risulta difficile immaginare un ufficio con 4.000 addetti nella città post pandemia; per questo riteniamo che l’ipotesi di utilizzazione da parte dell’ENEL, per sua natura, potrebbe non essere la soluzione definitiva. L’attuale incertezza del progetto è un’opportunità per riprendere un percorso progettuale sviluppato senza verifiche preliminari né partecipazione dei cittadini. Perciò proponiamo:

Mix Funzionale
Il riuso del Poligrafico deve avvenire con un mix funzionale più equilibrato e aderente alle
vocazioni del contesto (turistico-ricettive, commerciali, residenziali servizi, tra cui anche,
ma in misura minore, il direzionale privato), coordinando l’interesse economico alla
valorizzazione immobiliare con gli interessi pubblici all’integrazione funzionale, al riequilibrio
dei processi di terziarizzazione del quartiere ed alla sostenibilità urbanistica ed ambientale.

L’inserimento nell’edificio di alcune funzioni pubbliche
Nel caso di persistente interesse dell’ENEL ad insediarvisi, una parte dell’edificio potrebbe
essere destinata ad un museo/laboratorio sulla transizione ecologica, sull’innovazione per il
risparmio energetico e sulla produzione energetica da fonti rinnovabili; questo intervento, al
quale potrebbe essere destinata una quota del contributo spettante al Comune7, potrebbe costituire un momento di diffusione della cultura tecnica, ma anche un centro di ricerca per
l’innovazione tecnologica, che si legherebbe al realizzando “Museo della Scienza” di via
Guido Reni.

La realizzazione sotto piazza Verdi di un parcheggio interrato per almeno 1.000 auto
Il Piano Urbano Parcheggi (PUP) ha prodotto a Roma molti parcheggi, ma principalmente
parcheggi privati, da vendere ai residenti delle abitazioni dell’intorno. In quartieri terziarizzati
come Parioli e Pinciano la domanda inevasa è invece quella dei parcheggi pubblici a
rotazione8. Il riuso del Poligrafico richiede un incremento di dotazioni per parcheggi pubblici
di almeno 1.000 posti auto (vedi nota 1). Questo significa realizzare 4 o 5 piani interrati su
una superficie di 6.000 mq, in una piazza non attraversata da grandi flussi di traffico.

Un concorso di architettura per la riqualificazione di piazza Verdi
Piazza Verdi è una delle poche piazze di grandi dimensioni che, pur essendo prossima ad
assi stradali importanti (viale Liegi/viale Regina Margherita, via Salaria, viale Rossini), non è
attraversata da flussi di traffico. Questa sua specificità la rende idonea ad una riqualificazione
orientata ad un uso prevalentemente pedonale, compatibile con gli accessi al parcheggio
interrato e con la stazione dei taxi. La riqualificazione dovrebbe estendersi anche ai percorsi
pedonali che la collegano a Villa Borghese, in parte già interessati dagli interventi
compensativi del parcheggio di via Donizetti e via Spontini.
Queste azioni, che devono essere basate su una revisione dei contenuti funzionali del riuso,
potrebbero riportare il progetto in una logica di rigenerazione urbana.

1. L’Accordo di Programma vincolava l’intervento al reperimento dei parcheggi pubblici (oltre a quelli pertinenziali) per
tutta la SUL aggiuntiva (5527 mq) e per quella oggetto di modifica della destinazione d’uso (34.800 mq già produttivi)
e pertanto nella misura di 40.327 mq x 0,80 mq/mq – 34.800 x 0,1= 28.781 mq di parcheggi pubblici, ossia circa 1.150
posti auto.
2. Piazza Verdi, larga circa 200 m e profonda circa 30 m., è estesa circa 6.000 mq.
3. In anni recenti piazza Verdi è stata chiusa al traffico veicolare tutte le domeniche per lo svolgimento di un
frequentatissimo mercato dell’usato, senza gravi ripercussioni sulla mobilità del quartiere. Inoltre, la riqualificazione
degli spazi pedonali di via Donizetti e via Monteverdi, realizzata per compensazione di un parcheggio privato in via
Gaspare Spontini, può suggerire una ricucitura pedonale tra piazza Verdi e Parco dei Daini (villa Borghese).
4. Una grande struttura commerciale ha bisogno di adeguati spazi pedonali esterni; basta pensare alla Rinascente di
piazza Fiume che soffre per la collocazione di un ingresso sulla stretta via Salaria e di un altro sulla piazza, costretto però
dall’intenso flusso di traffico di corso Italia.
5. Basti pensare in proposito agli effetti dell’introduzione dello smart working.
6. Con le liberalizzazioni l’ENEL non è più l’unica azienda fornitrice di energia elettrica e, con l’ingresso di ENI in questo
mercato, non è più neanche l’unica a capitale pubblico.
7. In base alla procedura di valorizzazione al Comune di Roma dovrebbe essere corrisposto il 15% del prezzo di
alienazione; in base al PRG ed all’articolo 16, co.4, lett. d-ter, sarebbe sottoposto anche alla corresponsione di un
contributo straordinario pari al 50% del maggior valore impresso dalla variante urbanistica. Originariamente i proventi
della valorizzazione erano stati destinati al progetto “Campidoglio 2”.
8. Per avere conferma dell’attuale domanda di parcheggi basta osservare lo stato della sosta veicolare di giorno
(prevalentemente composta dalle auto dei city users) e di notte (costituita dalle auto dei residenti).